Trattiamo in questo articolo un argomento molto discusso in questo periodo ovvero INDUSTRIA 4.0.

Normalmente i nostri articoli riguardano informazioni relative a procedure da eseguire, disposizioni di legge, avvertenze ai consumatori o episodi relativi alla marcatura CE ed al suo controllo.

In questo caso parliamo di qualcosa che certamente non porterà a noi alcun beneficio e servirà solo a chiarire alcuni aspetti di una legge per la quale le interpretazioni si sprecano.

Qualcuno ha detto: la politica è l’arte del possibile. Se questo è vero e ne abbiamo testimonianze quotidiane, allora l’italiano medio è il miglior politico del mondo.

La trasformazione e l’interpretazione che “l’imprenditore medio” è riuscito a dare della legge “industria 4.0” e degna dei migliori manuali del possibile.

Attenzione, le disposizioni di questa legge sono chiare ed i vari casi in cui essa è applicabile sono indicati in modo preciso.

Cosa prevede la legge INDUSTRIA 4.0?

La legge prevede un contributo di notevole importo in termini di detrazione fiscale per incentivare l’innovazione industriale. Essa si rivolge specificamente alle attività di trasformazione, ovvero valore aggiunto alle materie prime.

Pur accettando interpretazioni border line sul termine “trasformazione di materie prima” per cui se un liquido si trasforma in gas si decide che tale trasformazione rientri nella legge Industria 4.0, è facilmente intuibile che si tratti prevalentemente di macchinari ed impianti.

Gli investimenti che dovrebbero rientrare a pieno titolo in questa legge sono quindi destinati a macchinari ed impianti di notevole dimensione ed importanza ed anche di cospicui investimenti. Ciò ovviamente migliorerebbe la nostra industria manifatturiera.

Ci sono però delle condizioni di “modernità” che questi impianti devono possedere. La più importante è la possibilità di dialogo bidirezionale con un computer remoto, cioè non a bordo macchina.

Noi abbiamo rifiutato più incarichi di perizia, peraltro presi da altri soggetti anche molto rinomati, perché ritenevamo che non ci fossero le condizioni richieste dalla legge.

Vuoi degli esempi di chiarimento su Industria 4.0?

Ad esempio un magazzino di barre metalliche che carica un tornio automatico e che da esso dipende, non fornisce alcuna informazione e non la riceve da un computer remoto. Se ne deduce quindi che non rispetta uno dei criteri previsti dalla legge, forse il più importante.

Noi abbiamo rifiutato di fare una perizia che poteva benissimo fare l’acquirente. Qualcun altro, a costi ben maggiori dei nostri, ha accettato; della serie “il mondo è dei furbi”.

Che dire poi di un cliente che ci voleva convincere che i distributori di sigarette che segnalavano la fine delle scorte disponibili rientravano in 4.0 in quanto collegati via web ad un pc remoto?

Questi sono solo alcuni esempi, ma l’arte del possibile è stata applicata senza limiti alla legge Industria 4.0.

Chissà se in fase di verifica il Ministero preposto convaliderà queste agevolazioni in termini di credito di imposta oppure, come correttamente dovrebbe fare, sanzionerà i furbi oltre a negare le agevolazioni?

Non lo sappiamo e non lo sapremo mai, ma forse sarebbe il caso di chiedersi chi pagherà quei crediti di imposta?

Ancora una volta i contribuenti, sempre gli stessi.

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