Conoscenza e intelligenza: istruzioni per l’uso.
Che tra questi due termini ci sia una vasta e profonda confusione, lo dimostra il dibattito ormai ampiamente diffuso ed in parte modaiolo sull’intelligenza artificiale.
A CHE PUNTO SIAMO?
Temiamo che tra non molto le nefaste presenze sui social dei virologi al tempo del Covid, saranno sostituite da altrettante inquietanti presenze di tuttologi che disquisiranno da opposte posizioni sull’intelligenza artificiale.
Per adesso il nostro governo ha provveduto a vietarla così come vuol vietare l’immigrazione e probabilmente anche le discussioni sulla guerra, a meno che non siano unilaterali, perché solo così le discussioni saranno valide.
Non si tratta di posizioni di parte o ideologiche, si tratta di miopia urbi et orbi, rispolverando il latino che sembra risvegliare qualche reminiscenza.
un equivoco
Tutto questo dotto disquisire sull’intelligenza smisurata degli algoritmi si basa su un equivoco di fondo ed in tutto ciò ci sembra di svolgere il ruolo del bambino della storiella che ad un certo punto grida: – il re è nudo!
Ci chiediamo: – possibile che tutti questi eminenti scienziati o autoproclamatisi esperti, non conoscano la differenza tra intelligenza e conoscenza?
L’esperto “artificiale” che risponde alle nostre domande, precisa sempre che potrebbe sbagliarsi e che nulla di ciò che afferma deve essere preso come oro colato.
Desideriamo capire o ci basta imparare?
Poniamo delle semplici domande a chi le vorrà valutare:
cosa c’è di intelligente nel conoscere il risultato di una moltiplicazione o di una divisione a prescindere dal numero di cifre in ballo? Cosa c’è di intelligente nel conoscere la capitale di ogni singolo stato del mondo?
Ricordo il tempo in cui con i miei coetanei giovani studenti (un mondo fa) contestavamo (parola desueta) il nozionismo della scuola. Non volevamo una scuola che ci imbottisse di nozioni e che ci trattasse come contenitori da cui estrarre la risposta esatta.
Volevamo una scuola che ci insegnasse, o come si dice modernamente oggi “ci imparasse”, a ragionare. A capire e non solo ad imparare.
Quante volte abbiamo utilizzato nella vita il minimo comune multiplo ed il massimo comun divisore?
La storia delle attualissime dinastie dei faraoni l’ho studiata tre volte, alle elementari, alle media ed alle superiori, tanto da farmi passare la voglia di visitare il magnifico museo egizio di Torino.
Molto più interessante sarebbe stato conoscere come i materiali che sono all’interno di quel museo vi siano giunti.
Che dire della storia, ci è stato insegnato tutto degli imperatori romani e nulla di ciò che è successo in Italia dopo la prima guerra mondiale.
Ma cosa c’è di intelligente nel conoscere tutto lo scibile umano? Assolutamente nulla, perché si chiama in modo diverso, ovvero conoscenza.
Utile ma da usare in maniera corretta
Certamente importante ed utile se la possiamo estrarre da un computer, ma ci deve servire per poter fare dei ragionamenti, leggere tra le righe “inter legere” da cui deriva il termine intelligenza.
Qualsiasi algoritmo, per quanta conoscenza possa acquisire, non potrà mai leggere tra le righe, ma solo le righe, le mere parole contenute in un testo.
Non potrà mai estrapolare un ragionamento implicito tra due frasi e non sarà facilmente in grado di interpretare il tono e l’espressione delle comunicazioni.
Quante volte poniamo delle domande retoriche e facciamo delle affermazioni negative per affermare il contrario di quello che è il contenuto delle parole?
Cosa potrà capire un algoritmo da un non che significa sì?
Personalmente non sono contrario all’avanzata della scienza ed alle nuove scoperte e neppure i divieti impediranno che queste prendano il sopravvento.
Sarà realtà che in certi lavori la cosiddetta intelligenza artificiale sostituirà molti operatori. Significa che in quei lavori c’era un grande contenuto di conoscenza ed un basso contenuto di intelligenza, così prenderemo l’occasione per smascherare che ha millantato capacità professionale al posto di una vasta conoscenza o capacità di attingervi.
Scopriremo che i linguaggi creati dalle caste e per le caste altro non sono che un arzigogolato sistema per ingannare noi gonzi e che l’intelligenza artificiale potrà preparare in trenta secondi la documentazione legale per un processo e potrà fare sia la parte della difesa che quella dell’accusa. Che bello un mondo con avvocati virtuali che volendo si possono spegnere.
Battute a parte, la conoscenza dei computer può e deve essere asservita agli interessi umani e la pericolosità di questi strumenti starà nel mettere in sistemi completamente automatici la nostra sicurezza. Per sintetizzare: davanti all’interruttore deve starci sempre un uomo e non un’altra macchina.
Gli intelligenti siamo noi, non dimentichiamolo, ignoranti, ma intelligenti.
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